mercoledì 4 ottobre 2017

Massimo Mangiapelo: la storia di Federica, ragazza del lago


C’era una volta, non troppo tempo fa, una ragazza sensibile e ribelle, di nome Federica, nata e cresciuta nelle vicinanze di un lago che amava molto. Fiera e determinata come sono le adolescenti di oggi, ancora bambine, ma desiderose di crescere in fretta, Federica era molto diversa dalle principesse che popolavano i suoi sogni di bambina. Voleva essere indipendente, lavorare, divertirsi, trascorrere le giornate con famiglia e amici, e di una cosa era certa: aveva incontrato quello che sarebbe stato il suo principe azzurro. Poco importava che questo principe fosse ben diverso da quello delle fiabe, Federica era innamorata come solo le ragazze al loro primo amore sanno essere. Voleva sentirsi amata come una principessa la notte del ballo in maschera, tra le braccia del suo principe.
Quando la mattina del 1 novembre 2012 Federica viene ritrovata morta sulle rive del lago che l’aveva vista crescere, la fiaba che ogni ragazza vorrebbe vivere si trasforma un raccapricciante racconto del terrore. Solo che non si tratta di un romanzo, ma di una storia vera.
Federica Mangiapelo aveva sedici anni quando la sua vita è stata spezzata per mano di chi diceva di amarla, il fidanzato Marco Di Muro che l’ha annegata, abbandonandola sulle rive del Lago di Bracciano, nei pressi di Anguillara Sabazia, a pochi chilometri da Roma. Al dolore e allo sconcerto della famiglia sono seguiti anni di indagini turbolente, inizialmente segnate da una serie di errori che hanno portato al vicolo cieco di un’insensata morte per cause naturali, con conseguente richiesta di archiviazione e, solo due anni dopo, all’arresto per omicidio volontario di Marco Di Muro, condannato successivamente a diciotto anni di reclusione in primo grado e a quattordici in appello.
In attesa che la Cassazione metta la parola fine sulla faccenda giudiziaria, ci ha pensato Massimo Mangiapelo, scrittore e giornalista, a rendere eterna sua nipote Federica con un libro dal titolo “Federica. La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore. In queste pagine l’autore ripercorre le tappe dell’intera vicenda fino agli inizi del primo processo contro Di Muro, raccontando la sofferenza di una famiglia alla quale per lungo tempo è stata negata giustizia a causa di perizie sbagliate e indagini superficiali.
In bilico tra il suo ruolo di appassionato cronista e quello di familiare incredulo per l’assurdità di una storia che mai nessuno vorrebbe raccontare, ma che chiunque potrebbe vivere, Massimo Mangiapelo ricostruisce e riferisce con delicatezza e lucidità ogni passo di un’inchiesta che, tra giornali e aule giudiziarie, ha scosso un’intera comunità. La storia di Federica oggi è diventata l’emblema dei nostri tempi difficili, segnati quasi dall’assuefazione circa la violenza sulle donne. Un libro che, a quasi tre anni dalla prima edizione, Massimo Mangiapelo continua a presentare in giro per l’Italia nella speranza che una storia così non debba mai più essere raccontata da nessuno.    



Occhi chiari e profondi da giovane donna, ma sorriso limpido e generoso da bambina che sta crescendo: chi era Federica Mangiapelo? E chi è oggi?

Federica era un’adolescente come tante altre, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Come tanti suoi coetanei, era una ragazza che si “ribellava” all’autorità dei genitori e degli insegnanti. Federica era una bellissima “piccola donna” che sembrava più grande rispetto agli anni che aveva. Cercava di mostrarsi un’adulta, ma allo stesso tempo dormiva ancora abbracciata al suo orsacchiotto.

Nel tuo libro “Federica. La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore, coniughi lo stile attento e scrupoloso, caratteristico della tua professione di giornalista, con i pensieri e le preoccupazioni più toccanti e profonde che solo un familiare può esprimere. Cosa ti ha spinto a esporti in prima persona? Cosa vuoi comunicare?

Ho voluto raccontare questa tragica vicenda perché l’ho promesso a mia nipote. Ero davanti alla sua tomba e pensavo a quello che le era accaduto. Pensavo che quanto era successo poteva accadere alle sue amiche, ad altre coetanee. Ed è stato in quel momento che ho deciso di scrivere un libro che, oltre alla storia puramente di cronaca e di vicende giudiziarie, ha voluto toccare i sentimenti più profondi, il dolore che abbiamo vissuto noi della famiglia, i ricordi di quanti l’hanno conosciuta. In qualche modo l’ho voluta rendere eterna. Ma, allo stesso tempo, il mio è un forte messaggio contro qualsiasi forma di violenza sulle donne.

Oggi che la giustizia ha risposto ad alcuni degli interrogativi che tu stesso ti ponevi tra le pagine del testo, è cambiato qualcosa negli equilibri della vostra famiglia?  Che ruolo svolge, o potrebbe svolgere, secondo te, l’opinione pubblica per la risoluzione di casi tanto cruenti e dolorosi?

Credo che, purtroppo, questa vicenda abbia ristabilito certi equilibri ed abbia fatto riflettere tutti noi sull’importanza della vita, sull’indispensabilità di vivere felici anche un solo istante. L’opinione pubblica è determinante, ma spesso troppo superficiale rispetto a problemi del genere. Forse l’alta percentuale, sempre in crescita, di femminicidi lascia ormai quasi indifferente l’opinione pubblica. Quasi fosse una guerra che si sta combattendo e alla quale non si possa porre rimedio. Sono due anni che giro l’Italia per presentare il mio libro e per lanciare un appello contro la violenza. Eppure molto spesso questi convegni vengono ignorati dalla gente, che preferisce argomenti più leggeri senza rendersi conto che una tragedia del genere potrebbe accadere dentro le proprie “mura”, nell’ambito della propria famiglia.



È il ricordo a mantenere vive le persone che non ci sono più e a dare alle famiglie la forza di andare avanti. Qual è il tuo ricordo più vivo di Federica? E come ti piacerebbe immaginarla oggi?

I ricordi di Federica sono dentro di me, ovunque, nell’aria che respiro. Federica la ricordo per quello che era, per il suo carattere, che mi piaceva in quanto somigliava all’adolescente che ero stato anch’io. Non so adesso, se fosse viva, cosa farebbe Federica, come sarebbe diventata. L’unica cosa di cui sono certo, vista la sua tenacia, è che di sicuro avrebbe fatto quello che le passava per la testa, quello che più amava. Qualunque traguardo lo avrebbe certamente raggiunto. Un giorno disse: “Voglio diventà famosa”. Mi dispiace che lo sia diventata per una storia così inaudita, per mano di chi avrebbe dovuto proteggerla.

Oltre al giornalismo, ti sei dedicato anche alla narrativa, svelando il tuo talento come autore a tutto tondo. A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro. 


Quando mi è stato impartito il sacramento della Prima Comunione, la mia vicina di casa mi regalò “Robinson Crusoe”. Dopo aver letto quel libro ho deciso che nella vita avrei voluto scrivere. È stata dura ma sono riuscito nel mio intento. Ho sempre coltivato questa passione, anche quando ero giovane e facevo tutt’alto lavoro. E questa passione mi ha portato a trovare la mia strada sia come scrittore che come giornalista. Attualmente sto scrivendo un nuovo romanzo, ma è troppo presto per rivelare dettagli. Ne parleremo un’altra volta.

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