lunedì 20 luglio 2015

Emanuela Calabrese: la mia innata Esigenza di dipingere

Una bambina, una scatola di pastelli e una passione che è cresciuta nel corso degli anni, trasformando la piccola disegnatrice curiosa in un’artista poliedrica e di grande talento. Emanuela Calabrese, giovane originaria della Basilicata, ha fatto della sua pittura un mestiere, iniziando da autodidatta e rendendo la sua attitudine per forme e colori, un veicolo di studio della natura umana. Dopo la Laurea in Sociologia, infatti, ha approfondito la sua preparazione occupandosi del ruolo delle donne nella società, con un’attenzione particolare per i contesti difficili, cercando di rendere, anche nelle sue opere, tutte le sfaccettature colte nei suoi viaggi.
Oggi ciò che la emoziona di più, oltre a vedere esposti i suoi dipinti in numerose mostre, collettive e non, in Italia e all’estero, è sapere che i quadri che vende entrano a far parte della vita delle persone, accedendo alle loro case e a tanti altri luoghi di ritrovo, quasi come se, davvero, ogni opera potesse vivere di vita propria.


Da dove nasce la tua esigenza di dipingere? È una passione che coltivi da sempre o si tratta di un talento che hai scoperto recentemente? Cosa vuoi comunicare?

Esigenza è esattamente la parola che più mi rappresenta. Sin da piccolissima è viva in me la passione per l’arte, la necessità di rappresentare ciò che mi circonda. L’amore per l’arte e per il disegno sono un istinto innato e spesso, già dai 4 anni, alle bambole preferivo ricevere per regalo un album da disegno. Poi, alle scuole elementari, la scoperta degli acquerelli e delle tempere mi ha letteralmente rapita. Crescendo non ho coltivato la passione artistica a livello scolastico, come si penserebbe, ma ho sempre studiato da autodidatta le più svariate tecniche artistiche, portandomi ad un continuo rinnovamento pittorico e alla sperimentazione dei più svariati materiali. Ultimamente mi sto esprimendo con la pittura materica. Faccio la mia prima apparizione pubblica a Muro Lucano, in provincia di Potenza, mio paese d ’origine all’età di tredici anni, con una mostra locale, da allora ho partecipato, negli anni, a svariate collettive e sempre nuove personali. L’ultimo obiettivo raggiunto è stato l’Art Expo Barcellona, una bellissima collettiva internazionale.


Cosa ti ispira maggiormente davanti a una tela bianca? Quali sono i soggetti che preferisci e le tecniche che prediligi?

C’è una frase di Vincent Van Gogh che ho fatto mia e parla per me: Preferisco dipingere gli occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c'è qualcosa che non c'è nelle cattedrali”. Ecco, io dipingo figure umane, visi, ritratti, sguardi, perché negli occhi dei miei soggetti ritrovo tutta l’espressività che va oltre i colori. In un sorriso, o in una ruga si cela tutta la sensazionalità dell’essere umano, l’universo delle emozioni. La tecnica che preferisco, soprattutto per i ritratti che mi commissionano, è l’olio extrafine su tela di cotone: tecnicamente perché la brillantezza che dà l’olio nel tempo non può darla nessun altra tecnica pittorica, personalmente perché dipingere ad olio è una magia. L’odore del colore, la sua densità hanno su di me un fascino irresistibile. È anche una tecnica tra le più difficili da gestire, e questo fa sì che si instauri, ogni volta, una sfida per rendere la mia idea reale sulla tela. Per non essere monotematica e per esigenze di commissione, dipingo anche nature o scorci paesaggistici, ma la mia passione sono, senza dubbio, gli esseri umani.


La tua capacità di restituire le fattezze di un volto nei ritratti che dipingi ti rende un’artista di grande sensibilità. Quanto ti hanno aiutato i tuoi studi di Sociologia nella tua continua ricerca di pittrice di anime?

È bellissima questa definizione pittrice di anime: grazie! I miei studi lasciano intendere quanto io sia affascinata dal genere umano e si coniugano inoltre con la scelta di dipingere volti. Sono due cose in stretta relazione, quasi inscindibili. Dipingere il volto di una donna di colore, ad esempio, ha dietro lo studio di tutta la sua tribù. Ecco allora che non sto solo dipingendo un volto, ma descrivendo la sua vita, rendendo omaggio alla sua storia, alle sue radici. Quando posso viaggio, alla ricerca del contatto con culture diverse dalle nostre, e catturo emozioni, sensazioni, colori che poi trasferisco sulla tela. Il candore iniziale del cotone, prima della pennellata iniziale, è un po’ come un rito di corteggiamento: io la guardo, lei mi guarda, ed insieme decidiamo cosa sarà, in base alle sue forme e alle sue misure.


Quali sono i tuoi maestri di riferimento? A quali movimenti artistici del passato ti rifai?

Essere autodidatta ha un pregio: non hai la testa “schematizzata” in periodi artistici, per cui posso spaziare da una tecnica all’altra, miscelarla e coniugarla, senza sentirmi in colpa di far torto a nessuno. Certo ho studiato e studio la Storia dell’Arte, ma solo per conoscere ed apprendere gli eventi che si celano dietro grandi Opere d’arte. Una cosa, invece, mi incuriosisce molto: le donne pittrici. Spesso rimaste nell’ombra, meno conosciute dei colleghi uomini, ma ugualmente eccelse nell’arte pittorica. Ecco, una donna che mi ha colpita molto e alla quale mi ispiro per lo studio della luce e della “plasticità” dei corpi è Tamara De Lempicka. Ho avuto modo di vedere le sue opere dal vivo, e mi sono convinta che, se devo avere un punto di riferimento, è senza dubbio lei e la sua pittura.


Cosa significa, al giorno d’oggi, essere un artista? Che ruolo ha, o potrebbe avere, l’Arte in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo? Raccontaci i tuoi progetti per il futuro.

Essere un artista oggi credo sia più complicato che in passato. L’Arte, in un periodo di crisi, ma, al tempo stesso, di forti impulsi tecnologici, è vista come qualcosa di surclassato. Di contro, proprio per il suo fascino, è apprezzata da chi, sensibilmente, si avvicina a capirla.  Quando mi chiedono “cosa fai per vivere?”, io rispondo: “dipingo”, e loro replicano “no, voglio dire che lavoro fai?” ed io ripeto: “dipingo!”. Ecco questo è esplicativo di quanto l’Arte, altro controsenso, sia vista come qualcosa di relegato al mondo dell’hobby. Per me è nato tutto per caso, devo ammetterlo, ma non per questo è mai stato un passatempo. Dipingevo per passione e gli amici hanno cominciato a chiedere che gli vendessi le mie creazioni. All’inizio era strano che qualcuno volesse per sé ciò che io creavo per me. Ma, col tempo, si è trasformata anche in una attività remunerativa, anche se non nascondo che ho sempre difficoltà a parlare di Arte e denaro, è difficile dare un prezzo alle proprie creazioni e, in generale, non mi piace mercificare un’emozione. Ciò che mi ha spinto ad accettare le proposte di vendita è stato, però, vedere la felicità degli acquirenti nel tenere esposto in casa loro un mio quadro. Ho capito, allora, che la mia emozione ed il mio colore avevano raggiunto la parte più profonda dei loro occhi, arrivando al cuore. Da allora sono molte le mie opere in giro per le case, i locali pubblici, e le gallerie di tutta Italia.
Per quanto riguarda il futuro, la vita mi ha insegnato a non fare progetti, perché le variabili che mette in gioco sono continue e molteplici. Certo continuerò ad esporre e, dal 2 luglio, al 2 settembre, ho due opere in mostra a Roma, alla Tornatora Art Gallery. Di sicuro nella mia vita ci sarà sempre la pittura. Il pennello è ormai il prolungamento naturale delle mie dita. I colori sono la veste per la mia anima nuda.


www.emanuelacalabrese.webnode.it 

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