sabato 4 luglio 2015

Anna Rita Proia: continuate a cercare mio padre, Antonio


È il 3 novembre del 2013 quando, a Follonica, in Località Martellino – Valli di Follonica, si perdono le tracce di Antonio Proia, Appuntato scelto dei Carabinieri, ormai in pensione.
Antonio aveva 83 anni e, al momento della scomparsa, era con la moglie, il figlio e la nuora a raccogliere funghi, uno dei suoi passatempi preferiti, che da tanto tempo non poteva più praticare da solo, viste le sue condizioni di salute. Si trattava di una passeggiata decisa all’ultimo momento, che doveva durare poco e voleva realizzare proprio il desiderio di Antonio di trascorrere del tempo con la sua famiglia, facendo qualcosa che amava molto. Dopo essersi raccomandati gli uni con gli altri che non si sarebbero allontanati troppo, l’escursione ha inizio. Tutti si tengono continuamente in contatto tra loro, ma, all’improvviso, Antonio non risponde più ai richiami e scompare nel nulla.
A niente sono servite la battute di ricerca che si sono svolte nell’immediatezza e nel corso degli anni successivi: di Antonio non c’è più traccia da troppo tempo. Cosa può essergli accaduto? La figlia, Anna Rita Proia, non riesce a darsi pace e, in vista della ripresa delle ricerche, prevista per settembre, subito dopo l’estate, ci racconta la storia di suo padre, Antonio.


Chi è Antonio Proia? Raccontaci la sua storia.

Mio padre aveva 83 anni quando è scomparso. Era un carabiniere in pensione che viveva a Follonica dalla fine degli anni Settanta. Da quando non si recava più a lavoro, amava stare fuori casa e fare lunghe passeggiate. Andare a raccogliere funghi nelle campagne circostanti era una delle sue passioni. Nell’ultimo periodo, però, per motivi di salute, evitava di spostarsi da solo, soprattutto in luoghi che potevano essere pericolosi, ma quel 3 novembre del 2013, visto che c’era anche mio fratello, con la moglie, e mia madre, tutti insieme avevano deciso di accompagnarlo a raccogliere i funghi e, da quel giorno, non l’abbiamo più visto.

Quando lo hai visto l’ultima volta? Cosa è accaduto il giorno della scomparsa?

Io l’ho visto il giorno prima della scomparsa, era un sabato ed eravamo a cena tutti insieme. Il giorno dopo ricordo che non era previsto che andassero a raccogliere i funghi, è stato deciso all’ultimo: era tanto tempo che mio padre non poteva più andarci, così mia madre e mio fratello hanno deciso di accompagnarlo, raccomandandogli di stare attento e sempre vicino a loro. Durante la ricerca si lanciavano un segnale ogni cinque minuti circa, chiamandosi a vicenda, per essere certi che tutto fosse a posto, ma, a un certo punto, il babbo non ha più risposto. Non sappiamo davvero cosa sia successo. Forse si è allontanato, fatto sta che lo abbiamo cercato subito, ma già di lui non c’era più traccia.

Come si sono svolte le ricerche in questi anni? Chi vi sta più accanto concretamente e quotidianamente?

La prima settimana le ricerche sono state condotte sempre dai Vigili del Fuoco, ma non è stato trovato assolutamente nulla, nessun indizio, nessuna traccia, quindi si sono fermati.
Successivamente il Comune ci ha aiutato a fare altre cinque battute di ricerca nel giro di un anno circa, ma, anche in questo caso, abbiamo dovuto desistere, giacché non è emerso nulla.
Allora si è formato un Comitato dedicato a mio padre, il cui responsabile è Carlo Giannarelli, che mi aiuta anche a gestire la comunicazione sui Social Network, attraverso un gruppo creato su Facebook. Al nostro fianco si è schierato anche il Comitato Direttivo del Carnevale di Follonica, evento molto sentito, e si sono unite tante Associazioni, tra le quali Scuole che si occupano di addestramento dei cani a questo tipo di ricerche. Grazie a tutto questo clamore e al nuovo appoggio del Comune e del Prefetto, che ha autorizzato i Vigili del Fuoco, siamo riusciti, ultimamente, a organizzare un’altra giornata di ricerche, purtroppo senza esito.
È notizia di pochi giorni fa che, grazie al sostegno dell’Associazione Penelope Toscana, il Sindaco e il Prefetto ci hanno autorizzati ad organizzare altre due giornate di ricerca che verranno fatte a settembre, subito dopo l’estate.
È molto difficile coinvolgere le Istituzioni e le Forze dell’Ordine senza richieste ufficiali, che richiedono lungaggini burocratiche e questo, a volte, ci scoraggia, però le persone che fanno parte del Comitato ci sono sempre accanto e di grande conforto. Il tempo passa, la nostra preoccupazione cresce e solo grazie al loro sostegno abbiamo la forza di non arrenderci.

Che ruolo svolgono, o potrebbero svolgere, secondo te, l’opinione pubblica e tutti i mezzi d’informazione di fronte a un caso di scomparsa?

Mi rendo conto che è difficile, per chi non abbia mai vissuto un’esperienza simile, riuscire a capire cosa si prova, quando non si hanno più notizie di un proprio caro. Dentro noi familiari si innescano meccanismi davvero faticosi da spiegare e condividere. Io per prima mi stupivo ascoltando le storie di chi non si rassegnava di fronte alla scomparsa di un parente dopo venti o trent’anni, ma, quando poi è accaduto a noi, ho capito tutto. È come se mancasse una parte di te e finché non la ritrovi non ti dai pace. Anche l’opinione pubblica tende a sottovalutare questo fenomeno, nessuno lo percepisce come vicino e allarmante. Se ne dovrebbe parlare molto di più sui mezzi d’informazione e non solo, per far conoscere ciò che succede a tutte le persone: mantenere alta l’attenzione è importante.

È il ricordo a mantenere vive le persone di cui si sono perse le tracce e a dare alle famiglie la forza di non smettere mai di cercare. Qual è il tuo ricordo più vivo di tuo padre?


Mio padre viveva per i suoi figli. Il solo pensiero mi fa emozionare. Ricordo che, da piccini, se la mamma ci proibiva qualcosa, bastava andare da lui per riuscire a convincerla. Era sorridente e solare, pronto ad aiutare tutti. È sempre stato presente, in ogni momento della nostra vita. Era una persona speciale e sentiamo terribilmente la sua mancanza, per questo non smetteremo mai di cercarlo.


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