mercoledì 8 luglio 2015

Alba Pennetti: perché nessuno cerca mia sorella, Rina?


Rina Pennetti ha poco più di trent’anni ed è una donna solare, dalla bellezza e dall’intelligenza luminosa, profondamente legata alla sua famiglia e sempre premurosa coi suoi cari. Quando la madre muore, però, quella luce dentro di lei sembra venire offuscata dalle oscure nubi della depressione. Inizia un periodo complicato, durante il quale Rina non viene mai abbandonata, ma risollevarsi è molto difficile. E, proprio quando sembra essersi convinta a superare il lutto che l’ha turbata così intensamente, Rina scompare nel nulla. È il 6 ottobre del 2009 e l’ultima persona a vedere con certezza Rina è una parrucchiera di Rende, in provincia di Cosenza, a pochi chilometri da casa. Rina entra nel suo negozio: è strana, sembra in difficoltà e, quando esce, perde la sua borsa con tutto ciò che contiene. Non ha più nulla con sé. Cosa può esserle successo? Si è allontanata da sola, senza più dare notizie, neppure alle sue adorate figlie? O qualcuno l’ha portata via?
Alba Pennetti, la sorella di Rina, non riesce a darsi spiegazioni logiche che motivino ciò che è successo a Rina e non può credere che quella depressione, che stava combattendo con tutte le sue forze, l’abbia portata ad allontanarsi volontariamente, dopo tanti sacrifici. Rina non era sola quando è uscita di casa quella mattina di ottobre e le circostanze che hanno portato alla sua scomparsa sono ancora avvolte nel mistero. È stato dimostrato che gli elementi per pensare che la sparizione di Rina sia legata a un evento delittuoso ci sono. Perché, allora, nessuno la cerca?  

Chi è Rina? Raccontaci la sua storia.

Rina era una ragazza normale, se così si può dire. Aveva una bella famiglia e due figlie meravigliose. Appena entrava in una stanza portava l’allegria, sapeva far star bene tutti ed era sempre presente. Era dolce e intelligente, ma forse troppo attaccata alla famiglia, soprattutto ai nostri genitori, a tal punto da non saper dividere la sua vita personale dalla loro, neanche da adulta. Aveva un attaccamento quasi morboso, quindi, quando è morta nostra madre, è entrata in crisi, nonostante avesse una famiglia sua e due bellissime bambine di cui occuparsi. È entrata in depressione perché non accettava la perdita della mamma. Per un periodo è stata anche ricoverata, ma, col senno di poi, mi rendo conto che non siamo riusciti ad aiutarla quanto avremmo dovuto. Non ci siamo resi conto in tempo della profondità del suo malessere, devo essere onesta. Anche se abbiamo provato di tutto, forse non è stato sufficiente. Vivevamo nello stesso palazzo e averla accanto quotidianamente mi manca tanto, eravamo molto unite.

Quando l’hai vista l’ultima volta?

Io l’ho vista la mattina della scomparsa. Era molto presto e lei è scesa a preparare le colazione a nostro padre. Pensava sempre prima a noi e poi a sé stessa, nonostante non stesse bene, e abbiamo anche bisticciato, perché io insistevo che doveva prendersi più cura di sé, senza preoccuparsi troppo degli altri. Quella mattina abbiamo preso il caffè insieme. Io ho un carattere forte, a volte le rispondevo severamente, cercando di spronarla, ma lei non mi teneva mai il muso. Discutevamo, come capita tra sorelle, ma, dopo qualche minuto, tutto era già passato per lei.
Dopo la morte della mamma, Rina ci teneva a prendersi cura di mio padre e faceva davvero il possibile, trascurando anche i suoi problemi. Addirittura gli portava il panino all’ora di pranzo, quando poteva, o gli faceva trovare pronta la cena. Anche quella mattina Rina voleva raggiungere mio padre in fabbrica a Rende per portargli il pranzo e io cercai di persuaderla a lasciar perdere, perché papà era autonomo, mentre lei doveva cercare di stare tranquilla e di rilassarsi. All’epoca prendeva, già da tempo, molti farmaci per la depressione e ci tenevo che non si stancasse e non si spostasse con l’auto, ma non sono riuscita a convincerla. È uscita e io non l’ho vista più.

Cosa è accaduto il giorno della scomparsa e come si sono svolte le prime ricerche?

Si può dire che non ci sono mai state delle vere e proprie ricerche. È stata solo una questione burocratica che non è mai andata oltre le carte della nostra denuncia. Siamo certi che Rina sia arrivata in fabbrica la mattina presto, per portare il pranzo a mio padre, perché in molti l’hanno vista. Si è anche intrattenuta per un po’ con papà, promettendogli che, il giorno seguente, avrebbe cercato di riprendere il suo lavoro nella nostra Ditta di famiglia, per provare a tirarsi su una volta per tutte. Sembrava che si sentisse meglio. Mentre rientrava a casa mi ha anche telefonato, dicendo che sarebbe tornata subito, così potevamo andare a fare la spesa insieme. Io, nel frattempo, sono uscita per accompagnare mio figlio a scuola e mi sono intrattenuta con alcuni conoscenti incontrati per caso, mentre lei, ormai a casa, mi aspettava.
Mi hanno raccontato che, mentre mi attendeva, le aveva telefonato Fabio, un suo amico d’infanzia, che le aveva proposto di accompagnarlo a fare delle commissioni a Rende, non lontano da casa. Lei inizialmente aveva rifiutato, ma lui era riuscito a convincerla, dicendo che ci avrebbero messo poco e così Fabio è passato a prenderla.
Poche ore dopo mio padre venne contattato da una parrucchiera di Rende che disse che aveva visto Rina entrare nel suo negozio in stato confusionale, tanto che non aveva capito cosa volesse, e che poi aveva trovato la sua borsa poco distante, con cellulare, soldi e documenti. Così papà mi ha chiamata per avvisarmi, pensando semplicemente che avesse perso la borsa. Inizialmente non abbiamo pensato a nulla di grave, sapevamo che era con Fabio e non ci siamo preoccupati.
All’ora di pranzo, non avendo sue notizie, abbiamo iniziato a impensierirci e abbiamo chiamato Fabio per chiedere spiegazioni, ma lui ha risposto che non “poteva più trovarla”. L’aveva lasciata in macchina mentre dormiva ed era sceso a fare degli acquisti, ma quando era tornato, Rina era scomparsa. Il comportamento di Fabio è stato strano sin da subito e anche nei giorni successivi.
Nel frattempo papà era preoccupatissimo, pensava che le medicine potessero averle fatto male o che le fosse successo qualcosa. Io ho cercato di calmarlo. Abbiamo comunque provato a fare subito la denuncia di scomparsa, ma era ancora troppo presto, non abbiamo potuto, perché non erano ancora passate le ventiquattro ore. Dentro di me speravo che si sarebbe fatta viva da un momento all’altro, ma le ore passavano e non c’erano notizie, così ho iniziato ad allarmarmi anche io.
Quella sera mi sono messa a letto pensando e sperando che si trattasse solo di un colpo di testa e che la mattina successiva sarebbe tornata. Non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che è accaduto dopo. Forse Rina era entrata nel negozio della parrucchiera per chiedere aiuto e non era riuscita a spiegarsi, poi, una volta uscita, era stata presa da qualcuno e aveva perso la borsa? Me lo chiedo spesso, forse le cose possono essere andate proprio così.

In questi anni qual è stato il momento più difficile? Secondo te cosa è accaduto a tua sorella Rina? Chi ti sta più accanto concretamente e quotidianamente?

Forse il momento più difficile deve ancora arrivare. Adesso viviamo nell’illusione, più che nella speranza.
Io penso che quella mattina sia accaduto qualcosa. Magari Fabio conosce la verità ed è spaventato. Forse Rina si è sentita male? O le è accaduto qualcosa di irreparabile? Non posso credere che nessuno sappia dare una risposta alle nostre domande.
Nessuno ci è stato accanto concretamente. Le indagini sono state vaghe e superficiali. Quando gli inquirenti hanno controllato i tabulati telefonici di Rina, io ho raccontato loro che, nei giorni precedenti la scomparsa, mia sorella mi aveva raccontato che, per un paio di notti di seguito, aveva ricevuto delle telefonate da un numero straniero, nelle quali aveva sentito un bambino piangere e questo l’aveva turbata. Siccome Rina era stata ricoverata per un periodo di tempo in una Clinica Svizzera, dove c’erano degenti da tutto il mondo, abbiamo pensato che potesse esserci un collegamento con la sua scomparsa, ma alla fine questo percorso non è mai stato approfondito nelle indagini.

Che ruolo svolgono, o potrebbero svolgere, secondo te, l’opinione pubblica e tutti i mezzi di informazione di fronte a un caso di scomparsa?


Sarebbe molto importante che i riflettori restassero accesi in questi casi e che le storie degli scomparsi si conoscessero maggiormente. È un fenomeno allarmante e in aumento e non possiamo fingere che non ci sia. Finché non si trova un corpo, le persone vanno cercate e si dovrebbe anche provare a dare un nome a tutti quei corpi che invece non ne hanno e sono nei nostri obitori, in attesa. Anche noi, come tanti altri familiari di scomparsi, abbiamo provato a consultare l’elenco dei cadaveri non riconosciuti, ma come si può scoprire qualcosa da una descrizione? Senza foto e senza analisi idonee noi familiari come possiamo fare un riconoscimento? Possibile che ci siano sempre storie di serie A e storie di serie B? A volte l’opinione pubblica sembra indifferente perché non è informata: solo se restiamo uniti forse le cose potranno cambiare.

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